Che cosa ti ha spinto a realizzare una struttura a basso impatto ambientale?

Sinceramente non era nelle mie intenzioni, non è stata una scelta programmata a priori. Quando ho iniziato a progettare (2006) e poi a ristrutturare (2007-2011), non avevo in mente di fare una struttura a basso impatto ambientale, seguivo il mio buon senso che consiste in una visione di riciclo, riuso ed efficienza che ha sempre accompagnato e caratterizzato la mia vita come quella della mia famiglia.

Infatti non sono di certo solo in questa impresa, Mimma, mia moglie, ha sempre saputo sostenere con magistrale equilibrio la mia ricerca personale sulla sostenibilità e il peso di una realtà ostinata e a volte contraria. Mio fratello e i miei genitori mi hanno sempre lasciato carta bianca seppur non eravamo sempre d’accordo o non comprendevano il motivo di certe mie scelte.

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Fin dall’inizio consideravo di fare una struttura efficiente, questo si, perché come detto è nella mia personalità quella di risparmiare risorse, da una parte, e dall’altra di valorizzare o massimizzare il potenziale.

Durante la fase progettuale mi ero recato presso un ufficio specializzato in bandi e crediti con la mia lista di interventi ecologici, mi hanno guardato e hanno detto: “ma chi glielo fa fare, faccia due appartamenti, li affitti e stia tranquillo!”. Certo c’erano delle cose ambizione, tipo riutilizzare le macerie, frantumarle per realizzare delle lastre per esterno oppure fare una linea a bassa tensione collegata direttamente a pannelli fotovoltaici, ma anche il mio elettricista mi ha detto: “non lo abbiamo mai fatto, lo sai che se abbassi la tensione aumenta la sezione dei cavi, ecc., stai tranquillo”. Quindi non ho realizzato tante cose che avevo pensato forse con troppa fantasia, ma è vero anche che la realtà che mi circondava non era in grado di modulare le mie richieste.

È avvenuto poco prima dell’apertura, durante la fase d’arredamento che mi sono accorto, di punto in bianco, che avevo realizzato una struttura a basso impatto ambientale. Ricordo benissimo che stavo togliendo dall’imballo i tavolini di legno da porre all’esterno delle camere, che facevano parte dei pochi oggetti che ci mancavano, realizzati da Enthicraft (azienda che riusa il legno), quando ho avuto l’illuminazione. Personalmente facevo quello che mi piaceva di più fare, cercare ispirazione dal luogo, dalla necessità e dal materiale collezionato in anni e che continuavo a raccogliere in giro e soprattutto non nuocere all’ambiente. In quella realizzazione è come se l’aumento del dialogo globale sulla sostenibilità e specificatamente sul “footprint”, avesse incorniciato quanto stavamo facendo. Per me era normale valorizzare le risorse paesaggistiche, architettoniche ed agricole, soprattutto nell’ottica di condividere questo luogo magnifico con i nostri futuri ospiti.[/expander_maker]

Sostenibilità è un termine ampio: dal punto di vista teorico in quali aspetti si può coniugare questo termine generico?

Certo, sostenibilità è un termine che si è giustamente imposto al giorno d’oggi, quando ero giovane direi che non esisteva nel linguaggio comune, piuttosto si sentiva dire la parola “risparmia”, o per lo meno nella mia famiglia era quasi un mantra e in casa noi facevamo pressoché tutto. Eppure la storia non è recente se si pensa che 50 anni fa si teorizzata la Bioeconomia (Nicholas Georgescu-Roegen) basata su risorse limitate del pianeta ed era uscito il rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma (1972), che parlava anch’esso chiaro. Poi alla fine degli anni ottanta la prima dichiarazione di turismo sostenibile che inizia a portare sul piano reale e istituzionale il tema, ma la stessa definizione viene cambiata negli anni novanta, peggiorando il testo, secondo me. Cambia millennio e inizia a farsi strada la parola “impatto ambientale” e poi “sostenibilità”, insieme alla critica al sistema commerciale e produttivo. Quindi, pannelli fotovoltaici e tecnologia per tutti … ma non è solo questo la sostenibilità! La si può misurare, si possono costruire scenari futuri, ma bisogna anche comprenderne il suo significato profondo, accettare le sue regole e per così dire “sentirla sulla pelle”.

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Sentire la sostenibilità, secondo me, significa mantenere viva e pacifica la relazione tra te e il pianeta Terra dove viviamo, sviluppando la consapevolezza delle proprie azioni. Bisogna convincersi che non siamo soli, nel tempo (generazioni) e nello spazio (pianeta) e che la natura è il nostro contesto di vita più appagante. E la natura ha le sue regole, è sempre e solo iperconnessa tra tutti gli elementi ed ogni cambiamento singolo ha una ripercussione nel micro e nel macro, anche se noi non lo vediamo e non siamo in grado di prevederla.

La globalizzazione ha spianato la strada alla tecnologia e la tecnologia ha cambiato il nostro senso di confine, soprattutto fisico, con la connessione per tutti. Ma così è aumentato il divario tra noi e la natura, di conseguenza ci siamo allontanati sempre più.

La sostenibilità cerca un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente, d’accordo, da una parte abbiamo la necessità di allontanarci e separarci dalla natura, per poter essere quei fantastici animali di concetto che siamo, e dall’altra abbiamo il bisogno di mangiare, di respirare, di socializzare, di riprodurci e di proteggerci ma anche e soprattutto di trasformare. La sostenibilità apre soprattutto a tante nuove domande che ci obbligano a riflettere, piuttosto che dare risposte. Dal mio modo di vedere i problemi nascono quando si crede di conoscere tutto o di avere tutto sotto controllo e si considera la realtà come scontata senza lasciare spazio alla trasformazione. Qui in Cascina neppure l’acqua calda è scontata perché se per un paio di giorni non c’è il sole a scaldare i pannelli solari termici dobbiamo preoccuparci di accendere la caldaia a legna!. Ciò ci lega alla natura e ci obbliga ad adattarci ai suoi capricci rispondendo ad essi affinché riusciamo a mantenere lo standard di confort che desideriamo. E la sostenibilità è proprio questo, pensare prima di agire perché bisogna essere consapevoli che i rifiuti esistono solo nella nostra testa e che siamo sempre stati iperconnessi con la natura ma quello che più ci ha dato questo concetto è la sua portata globale e ci ha fatto iniziare a pensare che il pianeta è limitato.

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Come si concretizza in Cascina la ‘sostenibilità’?

Ovunque! Quand’ero ragazzino mio padre fece una compostiera con una rete metallica sotto a un grande pino in un angolo del giardino ed ero abituato a separare il ferro, il rame e l’alluminio, con una calamità per portarli dal rottamaio. Ero richiamato ad usare poca acqua calda per la doccia, magari anche spegnere l’acqua per insaponarmi, facevamo l’orto avevamo piccoli animali e sbrigavamo tutte le manutenzioni necessarie. Mio padre, da buon meridionale, aveva costruito la casa pressoché da solo, una piscina scavando il buco a mano e innumerevoli altre cose e mia madre da buona svizzera tedesca lo aveva accompagnato con la sua etica e sostenuto con la sua forza nel desiderio di libertà e riscatto. Eravamo e siamo una “self made family”!

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In Cascina la sostenibilità si concretizza veramente in ogni cosa: nel riuso dei materiali, e penso al legno, per fare diverse opere (panche, tavolini, mensole, pergole, arredamento per il giardino o l’orto, ecc.), ma riusiamo tutto quanto è riutilizzabile. Sulla plastica si potrebbe aprire un lungo dibattito, dico solo che personalmente trovo sia un materiale fantastico che ci ha ampliato enormemente le possibilità produttive ma, come dice Al Gore nel film una scomoda verità: “non c’è nulla di peggio che utilizzare una nuova tecnologia con le vecchie abitudini”, e con la plastica, come con altre cose, è andata proprio così. Dobbiamo ricordarci che siamo noi ad avere la capacità di “separarci dalla natura” e non gli oggetti o i materiali che produciamo. Ogni prodotto umano artificiale, di sintesi, o chiamatelo come volete è pur sempre e per forza parte della natura non appena lo produciamo e di conseguenza interagisce sul piano ecologico. E in Cascina ne siamo assolutamente consapevoli tanto che irrighiamo l’orto con l’acqua di scarico dei lavandini e delle docce! Detta così potrebbe far ribrezzo, infatti il sistema è molto più complesso (degrassatore > fitodepuratore > decantazione e miscelazione con acqua piovana > riuso), ma in estrema sintesi mangiamo la verdura che è cresciuta con il sapone che abbiamo usato per lavarci! E in natura non accade la stessa cosa? certo che si, ma non ce ne accorgiamo perché ci illudiamo che accade altrove, ma non è vero. L’acqua è un bene molto prezioso e qui le diamo una secondo possibilità sul posto, prima di lasciare la cima della collina (solo per lo scarico grigio), risparmiando fino al 70% di acqua potabile!

Per non parlare del riscaldamento e acqua calda che produciamo solo dalla legna e dal sole oppure della gestione del verde. A proposito, dalla proprietà della Cascina non esce un filo d’erba, tutti gli scarti del verde vengono riciclati e riutilizzati qui. Seguo un mix di concetti tra Permacultura, Biodinamica, orto sinergico, metodo no-dig, ecc.. Mi piace sempre approfondire le nozioni studiando diversi approcci.

Perché non c’è solo da domandarsi quali materiali usare (carta riciclata o proveniente da foreste sostenibili?), che è il modello della Green Economy, ma anche da quale sistema proviene ed entra a far parte il materiale nel suo utilizzo – consumo – estinzione, che è il modello della Blue Economy. E pensando al sistema viene da se che usiamo solo prodotti e tecniche sostenibili nelle pulizie come in cucina, nel giardino come nell’orto. Ecco, non abbiamo per il momento i pannelli fotovoltaici perchè ho preferito acquistare energia elettrica certificata (il 100%), da fonti rinnovabili.

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Quali considerazioni faresti a proposito della tua scelta di ‘sostenibilità’ alla luce della pandemia?

La natura non ha confini ma superfici di contatto. In natura esistono diversi ecosistemi ed abbonda (abbondava?), di biodiversità, questo è il modo che ha la natura per difendersi e svilupparsi. I confini in natura sono nicchie di vita, più o meno grandi, che circoscrivono un’area di scambio biologica. Mentre nelle mente umana il confine è una linea di 0,5 millimetri, cioè un artificio umano che ci consente di rendere le cose tangibili per “osservare la realtà dall’alto”. La pandemia è un esempio chiaro di come funzionano i confini nella natura, cioè non esistono, e non è colpa della nostra “società fluida”, forse questo ha accelerato la diffusione, ma il virus si diffonde e si diffonderà comunque. Pensate che il virus dell’influenza spagnola di un secolo fa è stato trovato anche in Artide e a quei tempi non ci si muoveva sicuramente come ora.

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La pandemia ci ha inoltre dato delle forti limitazioni e non si può parlare della pandemia senza parlare delle conseguenze concrete cui tutti noi, chi più chi meno, abbiamo dovuto confrontarci e dovremo confrontarci in futuro. Ma parallelamente si avverte una fresca spinta verso un rinnovamento a favore della sostenibilità che chiaramente s’incontra con quanto facciamo qui e sicuramente lascerà dei segni nel mondo del turismo e della mobilità. Tutti noi che siamo sempre stati attivi e propositivi nella ricerca di “un mondo diverso” sentiamo l’apertura di una nuova possibilità.

Personalmente ho sempre avuto una visione orientale della relazione tra “limiti e possibilità”, cioè per me sono sovrapposti, sono la stessa cosa come se l’inizio (possibilità) e la fine (limite), siano un intreccio continuo. Infatti in questa fase di limitazione sono emerse nuove possibilità che tutti abbiamo sperimentato e che ci spingono in avanti. Ma dall’altra non credo che questi cambiamenti saranno veramente strutturali, per questi ultimi ci vuole tanto tempo perché tendiamo a costruire “un mondo stabile”, ne abbiamo bisogno per controbilanciare l’instabilità della natura e cambiare questa stabilità è la grande sfida che ci aspetta. Per questo noi continueremo nella nostra opera di sensibilizzazione, di trasmissione della conoscenza e interazione.

La Cascina è strutturalmente preparata e rispetta le nuove regole di sicurezza perché abbiamo sempre puntato sulla vita all’area aperta e oltre tutto è una piccola struttura ricettiva che ci consente di offrire spazi grandi per poche persone. I tavolini delle camere dove serviamo la colazione (il buffet lo abbiamo abolito dopo il primo anno!), e la cena, sono sotto il porticato e sul terrazzo, di fronte alla propria camera. Non c’è un corridoio, ogni camera accede direttamente all’esterno. È una peculiarità di questi antichi edifici rurali e “immersi nella natura” è l’esperienza autentica che proponiamo. La posizione privilegiata perché sopraelevata, all’interno di un’area parco protetta, molto soleggiata e sotto regime di brezza, con il bosco tutto intorno, rende naturalmente salubre l’ambiente circostante. Siamo sicuramente avvantaggiati dalla situazione paesaggistica ma anche le nostre scelte rispondono perfettamente alle necessità attuali ed un bisogno di contatto con la natura armonioso e sereno.

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Quali sono le prospettive future per la Cascina anche considerando la situazione attuale?

Di andare avanti come abbiamo sempre fatto perché la realtà sta confermando, ancora una volta, che siamo sulla giusta strada. Quello che abbiamo imparato è che dovremmo comunicare di più quello che facciamo e che ci rende unici. Da una parte perché non è detto che siamo i soli ad essere così meticolosi nella gestione di una attività ricettiva, dall’altra perché potremmo favorire maggiormente il cambiamento facendo da esempio per altri.

Mi aspetto tuttavia un stagione estiva tranquilla ma spero di non perdere le prenotazioni degli ospiti europei, questo dipenderà da come sul piano comunitario decideranno di gestire i confini. Non abbiamo necessità di fare opere di protezione extra perché non abbiamo spazi comuni tranne la sala da pranzo che è sufficientemente ampia per rispettare tutti. Tutto il resto è nella natura!

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Il grande progetto di quest’anno è stato il rinnovamento dell’orto perché desidero sempre di più di ampliare e migliorare la nostra produzione di ortaggi da usare in cucina, il progetto è avviato e speriamo che la stagione porti dei buoni frutti.

Nel concreto dell’attività turistica stiamo attivando diverse promozioni speciali con i vari partner del territorio ed istituzionali per rilanciare il settore e la nostra destinazione. Allo stato attuale si dice che bisognerà fare affidamento solo sugli ospiti interni, italiani e magari anche solo lombardi. Questo chiude enormemente il bacino ma quello che più conta è che le persone che ospitiamo possono beneficiare di una esperienza nuova e diversa che ci auspichiamo faccia leva sullo spirito di trasformazione che ognuno di noi deve mettere in campo per favorire il cambiamento strutturale necessario alla sopravvivenza della nostra specie. L’istinto di “sopravvivenza della specie” è forse fra gli istinti quello che più abbiamo smarrito nel tempo (soprattutto nella cultura occidentale), ed è quello che più abbiamo bisogno di recuperare per dare prospettive future alle prossime generazioni.

Samuel

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